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Giornata mondiale ambiente, l’Onu la dedica a traffico di animali protetti e bracconaggio: “Quarta mafia mondiale”

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Dalla tratta delle specie protette al commercio illegale di zanne di elefante e corni di rinoceronte. Un fiume di soldi sporchi gira intorno ai crimini contro la natura: 23 miliardi di dollari all’anno. E a peggiorare la situazione è la nuova moda dei ricchi: un gorilla da salotto costa 40mila dollari, un ghepardo 10mila. Intanto il Sudafrica riapre la commercializzazione dell’avorio

È il quarto business illegale mondiale, dopo il traffico della droga, la tratta delle persone e il mercato nero delle armi. Un fiume di soldi sporchi, 23 miliardi di dollari che girano intorno ai crimini contro la natura: commercio illecito di specie protette, bracconaggio, vendita illegale di legno tropicale, il grosso affare del traffico delle zanne di elefante e dei corni di rinoceronte. Da qui arriva il denaro che alimenta gruppi armati, cellule del terrore, cartelli della droga. Le Nazioni Unite hanno deciso di dedicare la Giornata mondiale dell’ambiente 2016, che si celebra il 5 giugno, proprio a questa emergenza, per combattere la lotta ai crimini contro la natura anche sul fronte dell’opinione pubblica, mentre dalla politica arrivano segnali contrastanti. Se infatti a settembre scorso Stati Uniti e Cina si sono impegnate per vietare la vendita di avorio, a maggio 2016, proprio mentre l’Onu lanciava la sua campagna, il Sudafrica ha tolto il divieto al commercio interno del corno di rinoceronte. Una pessima notizia, se si considera che in quello Stato oggi si registra il 94 per cento dei casi di bracconaggio di questo animale.

40mila dollari per un gorilla da salotto
Le stime parlano di 40mila primati, 4 milioni di uccelli, 640mila rettili, 350 milioni di pesci tropicali commercializzati ogni anno. Il business della traffico degli animali da compagnia esotici da sfoggiare come status symbol si sviluppa con i social network ed è sostenuto da una domanda crescente: “Chiaramente, mercati disposti a pagare 40mila dollari per un gorilla in Cina o 10mila dollari per un ghepardo in Kuwait bastano a sostenere certe tratte, e l’uso in rapida espansione di social media come Facebook e Instagram per pubblicizzare gli animali rende le transazioni ancora più semplici”, spiega un rapporto dell’Unep, il Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite. La rete Traffic ha monitorato per cinque mesi 14 pagine Facebook della Malesia, identificando più di 300 annunci di animali postati da parte di 106 diversi venditori. Un fenomeno diffuso e che rappresenta la punta dell’iceberg dei crimini contro la natura.

La strage di elefanti e rinoceronti
Allarmanti sono infatti anche i numeri che arrivano dall’Africa sulla strage di elefanti. Ne vengono uccisi dai 20 ai 25mila all’anno, il doppio rispetto al 2007, su una popolazione che oggi non supera i 650 mila esemplari. In dieci anni, dal 2002 al 2011, gli elefanti di foresta sono diminuiti del 62 per cento. Alla base ci sono la deforestazione e la crescente domanda di avorio che arriva dall’Asia, dove il mercato delle zanne di elefante vale fino a 188 milioni di dollari l’anno. A Pechino un chilo di avorio è pagato 2.200 dollari.
Ancora più bassi i numeri dei rinoceronti superstiti, preda dei bracconieri per il loro corno: a febbraio 2013, rimanevano 20mila esemplari bianchi e meno di 5mila neri. Solo i neri erano 100mila nel 1960. “La medicina tradizionale cinese utilizza il corno di rinoceronte polverizzato per guarire febbre, epilessia, malaria, avvelenamenti e ascessi trasformandolo in un materiale pregiato che vale somme altissime sul mercato nero e questo rappresenta un forte incentivo al bracconaggio”, spiegano dal Wwf. Un chilo di corno in Asia viene pagato cifre astronomiche, fino a 66mila dollari.

La marcia indietro del Sud Africa
Il Paese simbolo della strage di rinoceronti è il Sud Africa, dove tra il 2007 e il 2013, secondo l’Unep, i casi di bracconaggio sono aumentati del 7mila per cento. Nel 2014, qui si è verificato il 94 per cento delle uccisioni registrate nel continente nero, nonostante il divieto introdotto nel 2009 dal governo proprio per cercare di fermare lo spargimento di sangue. Divieto che, proprio mentre le Nazioni Unite lanciavano la loro campagna in difesa delle specie a rischio in vista della Giornata mondiale dell’ambiente, la Corte suprema sudafricana ha cancellato.

A gennaio scorso, la Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate, la Cites, aveva rivolto una serie di raccomandazioni a cinque Stati chiave nel traffico illegale di corno di rinoceronte, tra cui c’era anche il Sud Africa. Non solo: il prossimo appuntamento, a settembre 2016, per monitorare gli sforzi dei Paesi aderenti alla Convenzione nella lotta ai crimini contro le specie a rischio, tra le quali c’è anche il rinoceronte, sarà proprio in una delle principali città sudafricane, a Johannesburg. Se è vero che il trattato copre solo il commercio internazionale e nulla può su ciò che avviene all’interno dei confini dei singoli Stati, il gesto del Sud Africa non lascia comunque ben sperare per il futuro.

Wwf: “Emergenza anche in Italia, serve un piano”
Quanto all’Italia, spiega il Wwf, milioni di uccelli ogni anno vengono uccisi da doppiette, trappole e reti: “Le nostre 300 guardie, in prima linea nella lotta ai crimini di natura italiani, ogni anno sequestrano migliaia di richiami, munizioni, armi illegali”. Per questo l’associazione animalista chiede che l’Italia si doti di un piano nazionale per fronteggiare il fenomeno illegale della cattura, uccisione e importazione di specie selvatiche.


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