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l lutto dei gorilla

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I gorilla sono tra i nostri cugini più prossimi e negli anni di studio e osservazione abbiamo rilevato una miriade di comportanti così simili ai nostri da lasciarci senza parole. Tra tutti questi comportamenti c’è anche il lutto? Da una recente ricerca sembrerebbe proprio di sì.

Lo studio

Gorilla in lutto
Il lutto dei gorilla

Autori dello studio sono stati due scienziati del Dian Fossey Gorilla Fund International di Atlanta. Al centro dello studio il lutto vissuto dai gorilla di montagna “silver back” del Volcanoes National Park, in Ruanda, a seguito della morte di due esemplari: Tuck e Titus. La documentazione dell’evento è tanto importante quanto rara. Perché i gorilla morenti sono soliti allontanarsi dal gruppo e difficilmente si riesce, quindi, a documentare le reazioni degli altri esemplari. Inoltre, non si possono documentare lutti avvenuti in cattività, in quanto non ritenuti scientificamente attendibili.

La triste morte di Tuck e Titus e il conseguente studio è stato, per queste ragioni, davvero importante dal punto di vista scientifico.

Tuttavia questo non è l’unico evento documentato nel corso della ricerca. Un terzo lutto è stato analizzato nel Parco Nazionale di Kahuzi-Biega, nella Repubblica Democratica del Congo.

La Dian Fossey Gorilla Fund International è stata affiancata, nel corso di tutta la ricerca, dai ricercatori del Centro di biologia evoluzionistica dell’Università di Uppsala (Svezia), dell’Institut Congolais pour la Conservation de la Nature di Kinshasa e del Dipartimento di Antropologia dell’Università della California. Tutti coordinati dai dottori Amy Porter e Damien Caillaud.

La morte di Tuck e Titus

Veglia funebre
La morte di Titus

Il primo evento documentato è quello di Titus e Tuck, rispettivamente un esemplare maschio adulto dominante di 35 anni e una femmina di 38 anni. Entrambi della stessa specie e dello stesso gruppo sociale ed entrambi, probabilmente, morti per complicanze dovute all’età avanzata.

Entrambi hanno, a quanto sembra, lasciato un vuoto nella loro piccola comunità di gorilla. Gli altri esemplari si sono radunati intorno ai corpi cercando, in un modo o nell’altro, di interagire con loro (lavandoli, stuzzicandoli, leccandoli, battendosi le mani sul petto).

Il corpo di Titus era adagiato su un letto di foglie e tra tutti gli esemplari arrivati a porgere i propri omaggi ce ne è stato uno che ha sbalordito gli studiosi. Un’esemplare maschio di 35 anni, particolarmente legato a Titus, da uno stretto  rapporto d’amicizia, ha trascorso due giorni e due notti senza mai abbandonare la salma, condividendo, addirittura, lo stesso letto di foglie nei periodi di riposo.

Tuck, invece, lascia un figlio che non ha ancora raggiunto la “maggiore età”. Questi, seppur svezzato, ha tentato di succhiare il latte dalla madre morta e ha manifestato in un modo del tutto personale il lutto.

Il gorilla del Congo

Il terzo “funerale” documentato è quello di un’esemplare del Parco Nazionale di Kahuzi-Biega, in Congo. L’esemplare deceduto, in questo caso, non fu ritrovato dal suo stesso gruppo,  ma da un gruppo diverso. Di per sé, quindi, il gorilla deceduto era un perfetto estraneo per loro. Le reazioni, infatti, sono state diverse. Segno, quindi, che il lutto è maggiormente sentito se si tratta di un esemplare dello stesso gruppo. I gorilla hanno cercato comunque di interagire con il corpo del defunto, ma senza esporsi troppo, come nel caso di Tuck e Titus.

Le conclusioni

Se la domanda a cui cerchiamo risposta riguarda le emozioni provate dai gorilla in lutto, la risposta non è facile. Sembrerebbe esserci una “veglia funebre” diversa a seconda della vicinanza con il gorilla deceduto. Eppure cosa abbia portato i gorilla ad intraprendere l’usanza delle veglie funebri è tutt’ora un mistero. Fatto sta che attualmente gli studiosi ritengono questa pratica estremamente pericolosa per l’intero gruppo.

Molti esemplari, infatti, potrebbero essere deceduti a seguito di malattie contagiose, come l’ebola, che in Africa ha fatto moltissime vittime tra gorilla ed esseri umani. Toccare il corpo e interagire con esso in questo modo, quindi, potrebbe essere davvero pericoloso per gli altri esemplari del gruppo.

Nonostante ciò il lutto è una delle tante cose che rende questa specie un po’ meno “animale” e un po’ più “umana”.


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